La stampa 3D è quel processo atto alla fabbricazione di oggetti di forma tridimensionale tramite la deposizione di materiale per mezzo di testine, ugelli o altre analoghe tecniche di stampa.
Ad dichiararlo è l’American Society for Testing and Materials International (ASTM International) organismo per la normalizzazione sovranazionale con sede negli States.
Generalmente la stampa 3D è quel processo di produzione additiva che più comunemente viene chiamato Addicting Manufacturing (AM).
In generale parliamo di una macro classe che si può suddividere in un numero ridotto di processi ognuno dei quali presente uno speciale meccanismo di produzione
Sotto quest’ottica è possibile poter individuare all’interno dell’Addicting Manufacturing quattro sottoclassi (o famiglie di produzione) principali: 1) la conversione di polimeri fotosensibili (o stereolitografia); 2) la deposizione di materiali termoplastici fusi; 3) la laminazione di fogli e, in ultimo, 4) la fusione di polveri.
Il processo più antico è quello della stereolitografia.
Tecnica del 1986, anno in cui l’ingegnere americano Charles W. Hull coniò il termine di “stereolithography”.
Le tecniche che appartenevano a questa sottoclasse dell’addicting manufacturing hanno la possibilità di poter convertire un fotopolimero dopo averlo portato dallo stato liquido o solido o gel fino al prodotto finito, grazie all’ esposizione del materiale ad una fonte di luce.
La tecnica con materiali termoplastici fusi è il processo di stampa 3D (AM) che avviene tramite il deposito selettivo e stratificato dei materiali, fusi dapprima tramite una sorgente puntiforme.
La laminazione è il processo di produzione additiva che procede per mezzo di una stratificazione successiva di materiale sotto forma di fogli.
La tecnica di stampa 3D di ultima generazione è quella a fusione di polveri.
Il metodo pur prevedendo due varianti possibili, consiste proprio nella deposizione delle polveri e nel loro successivo irradiamento tramite una fonte di calore localizzata.
Le due varianti di questo metodo di produzione additiva sono differenti per la disposizione iniziale delle polveri.
Nel primo SLS (Selective Laser Sintering) le polveri devono essere disperse in modo da formare uno strato di materiale, poi sottoposto a scansione selettiva per mezzo di un apposito laser.
Nella seconda variante denominata Powder Spraying, il processo di stampa 3D inizia dopo aver disposto le polveri in modo locale e averle irradiate in seguito tramite un laser.
A prescindere dalla tecnica utilizzata la stampa 3D è il metodo più efficiente per la prototipazione rapida che garantisce assoluta facilità e velocità nel passare dalla fase di progettazione alla fase di realizzazione.
Sia nel caso di un singolo prototipo sia nel caso di oggetti finiti in una vera e propria piccola produzione in serie.
Il tutto senza considerare la complessità dell’oggetto stesso da realizzare, in tempi e con costi relativamente contenuti.
Il vantaggio principale della stampa 3D o comunque delle tecnologie additive (addicting manufacturing) è la libertà e la velocità di produzione di oggetti specifici complessi, e dell’elevata accuratezza dei particolari.
Con questo non si deve pensare che la stampa 3D possa essere in grado di poter sostituire le tecniche di produzione industriale tradizionali.
In questo scenario la stampa 3D può essere vista come l’evoluzione naturale della stampa tradizionale, garantendo la riproduzione reale di un modello tridimensionale realizzato al computer attraverso un software specifico.