Il problema nasce dal fatto che la ripartizione del nr. dei seggi per nazione viene prederminata in base al numero di abitanti di ogni singolo stato, dedotta una quota minima di "garanzia" assegnata ad ogni stato.
Cambiare la quota determinata in base alla popolazione rapportandola al nr. effettivo dei votanti se da un lato potrebbe a prima vista sembrare più equo, d'altro canto pone grossi problemi di riequilibrio sia nella ripartizione tra i vari stati, che, soprattutto, in quella tra i vari gruppi politici.
Se ci pensate è la stessa cosa che potrebbe avvenire in Italia se si assegnassero i parlamentari non in base ai collegi territoriali, ma in base all'affluenza.
Ci sarebbero evidenti squilibri che renderebbero sovrarappresentate delle zone a scapito delle altre.
In più, dato che in principio del sufragio universale esteso all'Europa fa' sì che qualsiasi ripartizione deve comunque tenere sempre conto del nr. dei votatanti per stato, si potrebbe porre anche un problema "etico" riguardante il fatto che in tal modo si penalizzano oltremodo coloro che il loro dovere lo fanno, ma in una nazione più piccola, a beneficio di coloro che sono più disinteressati, o meglio menefreghisti, ma che sono di una nazione più grande e popolosa.
Si verrebbero a creare degli elettori diligenti ma che nei fatti esprimerebbero un voto di "serie B" e che quindi sarebbero penalizzati a favore di altri elettori più menefreghisti, ma che avrebbero un voto di "serie A" che varrebbe come una "Golden Share"
E poi, scusate, ma è dai tempi dell'Agorà dei Greci che vale il principio che chi c'è decide, esplicitato nelle 2 massime alla base del sufragio universale, dette anche delle "2 giustezze":
1) ogni persona che c'è è quella giusta
2) ogni opinione (voto) che questa persona esprime è quella giusta